Luci ed ombre su accoglienza migranti ad Imola

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Tra lo scorso venerdì e ieri mattina ho deciso di recarmi in alcuni Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) presenti nel circondario imolese, per rendermi conto delle effettive condizioni in cui si trovano i migranti. In questi giorni è un tema in costante dibattito, e per poter giudicare occorre vedere di persona come stanno realmente le cose.

Il primo CAS che ho visitato è stato “Il Nido” di Casalfiumanese, che ospita 18 richiedenti asilo, provenienti da vari paesi del centrafrica, in una struttura per la verità un po’ datata e non troppo accogliente.

Questo centro riesce a tirare avanti con i famosi 35 euro stanziati per ogni migrante. Con queste risorse sono varie le voci di bilancio che devono essere coperte: gli stipendi degli operatori, tutti assunti con contratto da dipendente, ma che mi appaiono in sottonumero considerate le diverse strutture che devono seguire, un eventuale affitto della struttura con annesse bollette e spese, i beni di prima necessità per gli ospiti della struttura stessa e varie ed eventuali. Quello che entra effettivamente nelle tasche di ciascun migrante? 2.50 euro al giorno, questo è l’ammontare del cosidetto pocket money (che loro spendono in ricariche telefoniche o che mandano ai familiari nel paese di origine)! Al mio arrivo in struttura, i ragazzi, per lo più sotto i 30 anni, dormono (tutti tranne uno, con cui parlerò a fine visita). Mi dicono che dipenda dal fatto che la notte, con gli incubi delle violenze che riaffiorano, facciano fatica a riposare. Le stanze (non troppo capienti) accolgono 3/4 migranti, che dormono su letti a castello. La struttura, come dicevo, pare datata, e le pareti non emanano buon odore. Servirebbe una rinfrescata, e soprattutto le cantine, dove si trova la zona colloqui, si presentano umide e poco accoglienti. Le operatrici mi paiono comunque gentili e competenti.

Dopo aver visitato “Il Nido” ho proseguito con la visita di un altro CAS, gestito dalla stessa cooperativa e aperto da un paio di mesi. In questo caso i giovani ospitati, in un appartamento ben tenuto, sono 13, provenienti per lo più dal Mali.

Molti di questi erano specializzati, nei paesi d’origine, in varie mansioni. In particolare uno di loro sa cucire (ha cucito lui stesso le tende rosse che arredano la casa) ed ha buone capacità culinarie.

Per quanto riguarda queste due strutture, pur comprendendo le difficoltà, noto come le lezioni di italiano possano essere rinforzate. Sebbene diversi siano i nuovi arrivi, nessuno, anche fra i ragazzi arrivati a novembre, mastica italiano.

Per concludere l’intensa mattinata ho deciso di recarmi nel CAS “La Pascola”, uno dei più grandi della zona, ospitante circa 50 persone.

La prima e più evidente criticità constatata è stata la lontananza della struttura dal centro abitato. Come possono relazionarsi con la comunità gli ospiti  se non vi è un adeguato collegamento e se si trovano in una posizione così dislocata e non adeguatamente collegata con mezzi pubblici? L’unico modo è montare in sella alle loro bici  in estate come in inverno e raggiungere il centro città (con i pericoli annessi).

La struttura appare visibilmente datata, a partire dalla zona bagni-docce, (cosa a mio parere grave essendo di proprietà dell’ASL), e al limite della fatiscenza. Di una casa accogliente ha ben poco e mi auguro che l’ASL provveda in tempi brevi alla ristrutturazione  globale dello stabile.

A compensare le carenze strutturali vi è l’apporto degli operatori che si impegnano su più fronti, dai corsi di italiano interni, al continuo supporto psicologico e alla collaborazione con varie associazioni locali per cercare di riempire le giornate dei migranti con le più varie mansioni. Una buona impressione mi ha fatto l’insegnante di italiano, molto presente in struttura, che effettua corsi in base al livello di partenza. 

Contatterò il prefetto per capire come verrà gestita questa ondata di emergenza, perchè non si può gravare a lungo sul centro La Pascola. E’ del tutto evidente come questa struttura già datata abbia travalicato il limite di presenze e  che un surplus di 20 ospiti sui 30 di normale capienza,  non sia a lungo sopportabile.

Nel frattempo gli operatori si sono dovuti arrangiare nel migliore dei modi possibili, adibendo una stanza comune a stanza per i nuovi arrivati.

Ho concluso le mie visite con i CAS gestiti da Trama di Terre, associazione interculturale di donne native e migranti.

In primis è emersa la centralità delle strutture rispetto al centro abitato. In questo modo le ospiti sono messe nella piena condizione di familiarizzare con la città.

Le attività svolte sono molteplici, da laboratori di cucina (che coinvolgono anche la cittadinanza) a corsi di lingue personalizzati, a momenti di socializzazione e supporto psicologico, a corsi di bicicletta! E devo dire che la loro esperienza di centro antiviolenza, è in grado di fare la differenza, quando si tratta di ospitare persone fragili, come donne vittime di tratta, appena arrivate sul nostro territorio.

Le donne ospitate sono circa 20 alle quali si aggiungono i figli minori per un totale di circa 30 persone divise in vari appartamenti.

Molte di queste donne hanno dovuto subire le violenze più disparate, mutilazioni genitali, prostituzione, lavori forzati. E’ desolante sapere che, anche per questi casi estremi, venga rifiutato il permesso di soggiorno.

I punti comuni emersi in questi giorni sono facilmente riassumibili.

I migranti che giungono in Italia nella maggior parte dei casi non vorrebbe restarci.

Vogliono raggiungere i loro familiari in altri paesi, come accade spesso per il popolo eritreo o somalo, o in ogni caso rapportarsi con un’altra realtà con opportunità di lavoro e welfare maggiori.

L’insegnamento della lingua italiana è fondamentale, primo ponte con la nostra cultura. Laddove carente, serve potenziarlo.

Il problema delle regole di Dublino è ormai diventato ingestibile. Occorre concedere permessi umanitari temporanei per consentire di circolare liberamente nell’area Schengen. Di questo gioverebbe in primis l’Italia. 

Per i richiedenti asilo (soprattutto per gli uomini) non sono previste attività tali da occupare le giornate o che possano essere formative per la maggior parte di loro. Qualche ora di italiano e poco altro non bastano!

Sarebbe opportuno pensare dei progetti ad hoc per occupare il tempo di questi ragazzi, in attesa che venga definito anche il loro futuro (se dentro o fuori l’Italia).

E’ positivo il fatto che partiranno a breve (presumibilmente in Agosto) dei progetti di volontariato  in collaborazione con il Comune di Imola per la pulizia del parco delle Acque Minerali, del Parco dell’Osservanza e altre attività di manutenzione nelle scuole.

Ottimo anche il progetto “FAMI STARTER: facilitare l’accesso alle persone straniere (adulti e minori) con necessità di protezione ai servizi socio-sanitari, con particolare riguardo ai portatori di fragilità psicosanitaria”. Trama di Terre e La Pascola hanno aderito con i propri esperti a tale progetto che ha portato alla formazione di un’equipe di psicologi, psicoterapeuti, antropologi che ha lo scopo di creare un sistema di supporto psicologico per coloro che ne hanno bisogno.

Da segnalare che le cooperative imolesi riescono a fare rete e a creare un progetto antesignano nella gestione dell’accoglienza.

Nota finale, i centri comunicano con prefettura e ministero dell’interno tramite fogli Excel. Non esiste un sistema informatizzato di gestione delle presenze. Non è quindi possibile sapere in tempo reale, la situazione delle presenze nei CAS. Ed il lavoro per informatizzare il processo comporta inevitabilmente spreco di tempo (fra CAS prefettura e ministero) e risorse per l’immissione dei dati Excel in altri sistemi informativi in fase di sviluppo. Incomprensibile questa gestione.

MM

2021-09-14T11:08:08+00:00