Referendum: cosa c’è da sapere per votare informati

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6495289461_e663bae27bDomenica 17 aprile, i cittadini sono chiamati alle urne per quello che entrerà negli annali come il Referendum trivelle. In estrema sintesi, la legge attuale (articolo 6 dl 152 del 2006, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015) dice che finché in un giacimento ci sono gas o olio, il titolare della concessione produttiva potrà continuare ad estrarli fino ad esaurimento. Il quesito referendario vuole abrogare questa norma e ripristinare il sistema di rinnovo delle concessioni sulla base della durata contrattuale e non sulla durata di vita del giacimento.

Oggetto del referendum, sono le concessioni di coltivazione dei giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi, ubicati entro le 12 miglia dalla costa italiana.

Un po’ di numeri – in Italia sono presenti più di 1000 pozzi produttivi (615 su terraferma e 395 in mare). Sul totale, 777 pozzi estraggono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio. La produzione annuale di questi idrocarburi ammonta complessivamente a circa 8 Giga metri cubici di gas e 5 Mega tonnellate di olio. Queste estrazioni contribuiscono al fabbisogno energetico nazionale rispettivamente per il 10% ed il 7%.

Il referendum riguarda le 44 concessioni di coltivazione operative entro le 12 miglia dalla costa. Undici di queste sono scadute e in via di proroga, 19 andranno a termine entro il 2020 e 13 entro il 2027. Quelle produttive delle 44 citate sono “solo” 26 (alcune come detto hanno concessioni scadute, altre sono improduttive o inattive). Una terminerà nel 2034. Sono questi contratti l’oggetto del referendum. Entro le 12 miglia, non sono e non saranno comunque previste nuove perforazioni.

Il ritorno economico delle concessioni – Il prelievo fiscale dello Stato si basa sulle royalties, sulla tassazione sui redditi delle società (IRES) con aliquota al 27,5%, sull’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) al 3,9%, sulla Robin tax, l’addizionale IRES introdotta nel 2008 ed aumentata nell’agosto 2011 fino al 10,5%. Nel nostro paese le royalties per le produzioni a terra sono attualmente del 10%, mentre per produzioni a mare è del 7% per il gas e del 4% per il petrolio, e sono applicate sul valore di vendita delle quantità prodotte.

Le royalties sono così distribuite – Per le piattaforma su terraferma, il 55% va alle Regioni, il 30% allo Stato e il 15% ai Comuni. Tuttavia per le Regioni a statuto ordinario comprese nell’Obiettivo 1 (le regioni del Sud Italia tra cui la Basilicata, principale produttore italiano di petrolio) anche la quota del 30% dello Stato è assegnata direttamente alle Regioni.

Per quanto riguarda le piattaforme in mare: per le produzioni ottenute entro la fascia delle 12 miglia il 45% va allo Stato e il 55% alla Regione adiacente, mentre oltre tale limite le royalties sono interamente dello Stato.

Il totale del gettito delle royalties nel 2011, sulle produzioni 2010, è stato pari a circa 276 milioni di euro dei quali circa la metà sono andati a beneficio delle Regioni (127,8 milioni di euro), allo Stato (circa 74 milioni di euro), ai Comuni (circa 19 milioni di euro) ed al Fondo di riduzione del prezzo dei carburanti (55 milioni di euro, circa 49 dei quali distribuiti ai cittadini della Basilicata). Complessivamente la maggior parte delle royalties (166,07 milioni di euro) sono destinate alla Basilicata grazie alla produzione di un solo impianto posto in Val D’Agri.

In conclusione: importante è andare a votare. Da un lato abbiamo i numeri esposti sopra (fonte ministero Sviluppo economico) e l’esigenza di questi idrocarburi. Dall’altro c’è la voglia di dire basta allo sfruttamento delle energie fossili e di spingere verso le rinnovabili (in questo caso dando semplicemente un segnale di indirizzo) con questo primo passo. Da un lato abbiamo i rischi di potenziali danni ambientali (sull’estrazione di gas molto bassi) e dall’altro la certezza che in caso di stop all’estrazione, altri idrocarburi dovranno comunque sopperire alle esigenze della cittadinanza. Alla questione si aggiungono i connotati politici che usurpano l’importanza del referendum, che mirano a soddisfare la voglia di mandare un messaggio di gradimento verso il Governo, piuttosto che interpretare le esigenze del Paese. Cercate di ripararvi da queste furie e a voi la scelta su cosa votare.

 

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2017-04-01T00:07:49+00:00