Ecommerce, Ebay, Amazon ed altre dot-com sono corrette con le nostre imprese?

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ecommerceNel corso dell’ultimo anno i 16 milioni di utenti che hanno fatto acquisti via web si sono affidati in larga parte ai colossi statunitensi, le cosiddette «dot-com»: 20 grandi gruppi, da Amazon in poi, che stanno letteralmente monopolizzando il mercato.

Secondo un’indagine di Netcomm, consorzio del commercio elettronico italiano, i giganti internazionali pesano per il 54 per cento delle vendite, un numero che sfonda il 70 per cento se si considerano solo i prodotti e non i servizi (dal turismo alle assicurazioni).

Anche secondo la Banca Mondiale per le Pmi la via della crescita è legata indissolubilmente con l’e-commerce: spese basse, magazzini più snelli, un miliardo di potenziali consumatori.

Gli operatori italiani, nonostante gli elevati livelli raggiunti in termini di attrattività e di qualità dei prodotti, presentano ancora molte difficoltà nell’approcciare mercati europei ed internazionali a causa della mancanza del know-how specifico relativamente a sistemi di pagamento, logistica distributiva, abitudini/comportamenti di acquisto, comunicazione online.

La gran parte dei siti e-commerce italiani vende poco, deludendo le aspettative iniziali così ad oggi sono già in molti i venditori che hanno trasferito totalmente la loro attività online, aprendo un account sui siti di dot-com quali Ebay e Amazon.

Ma da qualche tempo diversi venditori lamentano le cosiddette sospensioni facili da parte dei siti d’aste e che il contratto di sottoscrizione per diventare venditore su tali piattaforme presenta clausole vessatorie tra cui il potere per l’action provider (fornitore del servizio) di recedere unilateralmente dal contratto concluso con l’utente e la mancanza di specifica approvazione per iscritto, a cui devono necessariamente aderire tutti coloro che intendono registrarsi al sito.

La chiusura non ponderata di un account da parte di una «dot-com», che ha la possibilità fin troppo arbitraria e illegittima di sospendere e escludere dalla piattaforma nei fatti a tempo indeterminato il venditore, senza che ci sia l’accertamento di grave violazione delle regole del sito, può mettere in ginocchio l’economia di un’azienda, arrecando un serio pregiudizio economico.

Sul tema vi segnalo che con provvedimento 6 luglio 2010 il giudice delegato del tribunale di Messina, ha ordinato a eBay Europe S.a.r.l. di riattivare l’account della società messinese Arcapel Srl specializzata nell’import-export di vari prodotti.

Quest’ultima nonostante lo status di «power seller» (venditore sostanzialmente affidabile) ed un punteggio di feedback (giudizi) sostanzialmente positivo,  si è vista letteralmente chiudere le porte da eBay.it, dopo soli due commenti negativi su un totale di 449 giudizi ricevuti dai vari utenti, condannando tra l’altro il colosso delle aste online alle spese del procedimento d’urgenza.

Credo sia giusto vederci chiaro: così ho rivolto un’interrogazione parlamentare al Ministro Guidi per sapere se intenda intervenire con misure di monitoraggio affinché i colossi delle aste online, assumano comportamenti in linea con le norme nazionali ed europee a tutela non solo dei consumatori ma anche dei venditori e con iniziative che colmino le lacune normative italiane in materia di aste online, del ruolo e della responsabilità di chi gestisce queste ultime.

Vi segnalo anche il link del gruppo facebook che si sta occupando di questa vicenda:

Qui invece trovate la mia interrogazione

MM

2016-02-07T15:06:08+00:00