Mafia capitale: non è un problema di norme. Ma di corretta applicazione

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mafiaMafia capitale: qualche giorno fa mi imbatto in questo articolo, dove il sindaco di Pomezia Fucci tuona dalle colonne del Fatto queste parole virgolettate all’indirizzo del Governo: “Perché non c’è una legge che permette al sindaco di licenziare i funzionari corrotti? Abbiamo bisogno di regole ferree per essere immuni dagli attacchi”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/09/mafia-capitale-sindaco-m5s-pomezia-buzzi-disse-che-sono-incorruttibile-con-noi-non-ci-provano-neanche/1759167/

Beh, questa frase mi stupisce. 

Veniamo quindi in aiuto del Sindaco, contro cui non ho assolutamente nulla. Semplicemente non mi va che passi il messaggio che il problema sia nella mancanza di norme. Perché così non è. 

Ecco quindi alcuni suggerimenti tratti dalla Bibba dei sindaci, che laicamente si chiama Legge in ogni Stato di diritto.

Con una doverosa premessa: in Italia non servono nuove leggi, anzi, serve invece una loro corretta applicazione (se conosciute). E serve la presa di coscienza dell’importanza che ha la cultura in questo paese.  Soprattutto in tema di rispetto della legalità e della collettività. In ogni ambito.

Se parliamo ad esempio di appalti, il problema non è il codice degli appalti (il nostro è considerato tra i migliori al mondo), ma le deroghe ad esso. Possibili in specifici casi, ma usate strumentalmente come apripista ad atti illeciti.

Questi i riferimenti normativi.

Buono studio.

Mara Mucci

Art. 97 Cost., L. 19 marzo 1990, n. 55, L. 8 giugno 1990, n. 142 , L. 7 agosto 1990, n. 241

L. 15 marzo 1997, n. 59 , L. 15 maggio 1997, n. 127 , D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112

D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403 , L. 30 aprile 1999, n. 120 , Circ. 22 ottobre 1999, n. 8/99 (emanata

dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Funzione Pubblica e gli affari

regionali) , D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 , D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 , L. 5 giugno 2003, n. 131

D.L. 30 settembre 2003, n. 269 , D.L. 29 marzo 2004, n. 80 , L. 15 luglio 2009, n. 94

D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, art, 3, comma 1, lett. l

L’attività amministrativa viene tradizionalmente distinta, in riferimento al proprio contenuto, in attività di amministrazione attiva, consultiva e di controllo.

L’attività di controllo sfugge a tentativi di facile tipizzazione, investendo tutti i processi di verifica della conformità della funzione amministrativa a determinati canoni o criteri prestabiliti, finalizzati a garantirne la piena regolarità. Appartiene al novero dei fenomeni logici qualificabili come attività secondaria ed accessoria di riesame o revisione di un’attività altrui, per verificarne la rispondenza a determinati requisiti. In particolare, il controllo si estrinseca in un atto di secondo grado, il cui inquadramento oscilla tra la prospettazione di coloro che lo riconducono ad una manifestazione di volontà e l’opinione di chi ravvisa un semplice giudizio o apprezzamento.

All’interno di ciascun procedimento di controllo sono individuabili tre fasi fondamentali:

– la verificazione, ossia l’esame di una condotta sottoposta a sindacato con riferimento ad un parametro;

– il giudizio, il quale può essere positivo, se l’oggetto del controllo è conforme al canone, ovvero negativo nel caso contrario;

– la statuizione o misura, che si risolve nell’atto finale adottato dal controllore.

Il fondamento giuridico della funzione di controllo è rinvenibile nell’art. 97 Cost., che codifica i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione.

In riferimento al soggetto autore, i controlli si distinguono in interni ed esterni, secondo che la revisione dell’attività sia compiuta dalla stessa P.A. ovvero da soggetti estranei ad essa e circondati da garanzie di indipendenza e di neutralità.

Il controllo sugli organi in particolare serve a verificare il comportamento dell’organo ad una valutazione che non investe gli atti compiuti o da compiere, bensì la sua condotta generale, posta in essere in violazione di obblighi legislativi con atti positivi, disapplicando le norme o rifiutandosi di osservarle, ovvero attraverso colpevoli omissioni con pregiudizio degli interessi pubblici.

Nell’ambito dei controlli sugli organi vengono ordinariamente individuate quattro possibili forme: i controlli ispettivi, i controlli sostitutivi semplici, i controlli sostitutivi repressivi ed i controlli repressivi.

La Costituzione non detta in materia esplicite norme, e purtuttavia la Corte Costituzionale ha ritenuto tale controllo, finalizzato ad alimentare il senso di responsabilità dei pubblici funzionari, di competenza dello Stato in quanto espressione di un indefettibile momento di unitarietà dell’ordinamento giuridico.

Il controllo ispettivo

Assume rilevanza particolare l’attività ispettiva, la quale contempla il potere delle autorità preposte di compiere indagini ed accertamenti sull’operato degli enti controllati.

Nell’attuale fase di radicali riforme della pubblica amministrazione, la vigilanza sulla condotta degli organi pubblici, e degli enti locali in particolare, viene disposta in modo penetrante per garantire il corretto e tempestivo adempimento degli obblighi stabiliti dalla legge. Le ispezioni disposte possono poi sfociare in provvedimenti disciplinari nei confronti dei responsabili delle eventuali violazioni riscontrate, dando luogo a misure di tipo repressivo.

A titolo esemplificativo si possono citare le indagini dell’ispettorato del Dipartimento della Funzione Pubblica nei confronti delle amministrazioni che non hanno conferito alle scadenze prefissate i dati relativi agli incarichi retribuiti ai propri dipendenti. Un’altra fattispecie meritevole di menzione inerisce alle disposizioni sui cd. controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive di certificazione. Il D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403, nel dare piena attuazione alla L. n. 127 del 1997 (Legge Bassanini-bis) ha stabilito a carico delle pubbliche amministrazioni che ricevono dichiarazioni sostitutive l’obbligo di effettuare idonee verifiche, anche a campione, sulle medesime (art. 11). Il Dipartimento della Funzione Pubblica, intervenendo con la circolare 22 ottobre 1999, n. 8/99, ha ulteriormente precisato i criteri cui gli enti dovranno uniformarsi nell’espletamento dei controlli fissando in particolare i principi di tempestività e di pubblicità . Contestualmente la circolare annuncia il compimento di almeno 100 ispezioni annue sull’intero territorio nazionale.

Il controllo sostitutivo semplice

Con l’entrata in vigore della riforma del Titolo II della Seconda Parte della Costituzione, che ha, tra l’altro, operato la soppressione del controllo sugli atti ed ha inserito in Costituzione il controllo sostitutivo, tutta la materia relativa a quest’ultimo tipo di controllo, deve essere riconsiderata alla luce delle cennate modificazioni costituzionali, nonché della L. 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Il testo unico degli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) tratta agli art. 136 e 137 il controllo sostitutivo esercitato, rispettivamente, dalla Regione e dallo Stato, stabilendo la procedura e gli organi competenti ad assumere i provvedimenti sostitutivi, in surrogazione dell’ente locale inadempiente.

Il controllo sostitutivo repressivo

Con tale forma di controllo si assiste alla nomina di un organo straordinario accompagnata alla sospensione provvisoria ovvero alla caducazione definitiva dell’organo ordinario.

La verifica ha carattere repressivo in quanto colpisce gli organi dell’ente locale nelle loro “legittimatio ad officium” rimuovendoli dall’organizzazione dell’ente in modo temporaneo o definitivo.

La L. n. 142 del 1990 (ora D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) rimette il controllo sugli organi allo Stato, conformemente ai principi tradizionali ed alla normativa precedente.

I Consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Capo dello Stato su proposta del Ministro dell’Interno, il quale trasmette una relazione indicando le motivazioni del provvedimento;

l’atto assunto viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e di esso è data immediata comunicazione al Parlamento. A mezzo del medesimo decreto si provvede a nominare una Commissione straordinaria che provvede all’amministrazione dell’ente.

Il controllo repressivo

Consiste in sanzioni applicabili alle singole persone degli organi, che assumono pertanto natura disciplinare. Il fine non è tanto sanzionatorio, quanto piuttosto quello di eliminare dall’organizzazione dell’ente, temporaneamente o definitivamente, quelle persone fisiche la cui inidoneità o indegnità è stata accertata attraverso l’accertamento di determinati fatti o comportamenti.

La disciplina della materia è dettata dall’art. 142 del D.Lgs. n. 267 del 2000, il quale dispone che con decreto del Ministro dell’interno il Sindaco, il Presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico.

In attesa del decreto, il Prefetto può sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente necessità.

L’articolo 93 del TUEL disciplina i casi di “Responsabilità patrimoniale” per gli amministratori e per il personale degli enti locali nel qual caso si attiva l’azione di responsabilità applicando le norme degli impiegati civili dello Stato

Ci sono poi gli interventi presi in seguito all’intervento della magistratura:

L’articolo 94 tratta dei casi di “Responsabilita’ disciplinare”, in cui incorre chi ha riportato condanna definitiva per una serie d reati che sono: associazione di tipo mafioso, delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, trasporto e detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, peculato, malversazione a danno dello Stato, concussione, corruzione per un atto d’ufficio o per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio. Nella stessa responsabilità incorono coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo, coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una associazione di tipo mafioso.

 

2016-02-06T16:10:31+00:00