Si chiama uguaglianza, non quota rosa

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La legge sulla rappresentanza femminile nelle competizioni elettorali è stata approvata.

Benché i contenuti del testo siano cosa nota, la sua interpretazione è spesso fallace, già a partire dai termini, come “quote rosa”, aspetto che la legge non prevede come risultato matematicamente certo. Ho partecipato personalmente all’iter della proposta (qui il testo di legge da me proposto) e qui il testo approvato. Su alcuni passaggi voglio fare chiarezza.

Non si istituiscono quote rosa nei consigli: più precisamente si definiscono i criteri di composizione delle liste. Si è voluto infatti dare pari condizioni a uomini e donne nel poter accedere alle assemblee regionali, le uniche in Italia a non avere ancora principi di parità di opportunità.

Un esempio: se le elezioni fossero una gara di atletica, lo scopo della legge sarebbe stato quello di far partire i concorrenti dallo stesso punto, non di mandare in finale un numero fisso di donne. In una competizione dove le differenze atletiche non sono fattore di discrimine, i principi di parità ai blocchi di partenza diventano fondamentali.

La legge sulla rappresentanza di genere è un tassello di un passaggio culturale. I cambiamenti sono più intensi quando li porta la società stessa, ma certe volte necessitano di una legge che ne accompagni la strada. Intervento del Parlamento che in questo caso velocizza la rottura di certi schemi di potere (o di pensiero), e che facilita la presenza femminile anche ai vertici della società.

Ci tengo a far notare che di questa legge avrei fatto anche a meno, ma in un Paese come il nostro, dove la donna fatica a trovare gli spazi dirigenziali che merita, è un male necessario che serve proprio ad innescare un processo che sarà fra qualche anno del tutto naturale.

Le convergenze politiche di questo Parlamento non sono sempre chiare. Tuttavia è importante il largo consenso raccolto su questa legge.

Note:

Tra i miei contributi al testo in discussione, che non hanno trovato approvazione, prevedevo:

  • diversi emendamenti atti ad istituire sanzioni (come inammissibilità di una lista o di un candidato) ai partiti che non ottemperano alle disposizioni di legge, costruendo liste non conformi ai principi della norma;
  • par condicio nella competizione elettorale: presenza paritaria durante la competizione elettorale nei vari canali di comunicazione politica;
  • incentivo economico: ripartizione delle risorse ai gruppi che penalizza chi è al di sotto di una quota minima di rappresentanza.

Dal punto di vista tecnico, per evitare nuovi casi Basilicata (zero donne su 20 consiglieri) ed elevare quel misero 17,7% di rappresentanza media nazionale nelle assemblee regionali, la legge sancisce:

Regioni al voto con preferenze. Nelle liste sarà permessa la doppia preferenza, possibile solo con candidati di genere diverso;

Regioni al voto con listino bloccato (vale per 6 regioni e determina dal 10 al 20% di eletti). Queste dovranno essere composte alternando candidati di sesso diverso;

Regioni al voto in collegi uninominali. Dovrà essere garantito equilibrio tra le candidature presentate con lo stesso simbolo.

L’obiettivo è andare nella direzione di una rappresentanza nei consigli regionali  che rispecchi la società, e dia opportunità anche alle donne di far sentire la propria voce.

Quella che andiamo ad introdurre non è una quota rosa, può tranquillamente diventare anche blu.

Ma è il motivo per cui facciamo tutto questo ad essere importante:

perché le donne hanno una sensibilità diversa sui temi della famiglia, del welfare, dei giovani, delle politiche di genere

perché  laddove le donne hanno stesso potere e libertà di espressione degli uomini, la qualità delle politiche messe in atto  e delle istituzioni sono migliori

perché la presenza femminile ha un inevitabile impatto nella cultura della buona amministrazione, e nella partecipazione dell’intera collettività

per questo sono felice per l’approvazione di questa norma, e per il passo avanti che porterà,

MM

2020-07-31T23:52:51+00:00